Quando la campana alle tre del pomeriggio
suonava il venerdì, mio padre come ad un rito si levava il cappello e si
fermava in silenzio appoggiato alla zappa, con gli occhi chini sulla terra. Cosa pensasse in quei
momenti non lo so. Lo guardavo di sottecchi, facendo finta di nulla,
continuando il lavoro con noncuranza, quasi in sprezzo per tutte quelle
ritualità dettate dalla religione.
Anche oggi, alle tre del pomeriggio, la
campana “Granda” ha suonato come tutti i venerdì. Mi sono fermato, come per un
automatismo inconscio, preso da profondo rispetto. Ascoltando il suono grave dei rintocchi ho pensato con affetto, che nessuna campana al mondo ha un suono così armonioso
come la “Granda” del mio paese. Ho visto scorrere lampi della mio vissuto che il tempo ha
scandito al suono di tante campane. Tanti volti
spersi in chissà quali lontananze, amici che si sono fermati a riposare da qualche parte.
Quando l’ultimo rintocco si è spento nella
valle, il riverbero degli
armonici del bronzo vibrava ancora nell’aria, con impercettibili ultrasuoni.
Ho ringraziato, non so Chi. Ho mormorato un grazie, guardando verso ponente un occhio di cielo di
un pallido azzurro. Poi anche il rio dei Molini in fondo al campo ha ripreso il
suo canto incessante.
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