domenica 28 febbraio 2016

Quell'estate straordinariamente piovosa




La luce di quella serata estiva scemava velocemente, per l’addensarsi di nere nuvole temporalesche verso la Paganella. Il tuono brontolò lontano, annunciando l’ennesimo temporale di quell’estate straordinariamente piovosa.

Gli uomini discutevano animatamente, in un capannello del dopo cena nella piazzetta della chiesa. Chi era seduto sui gradini e chi in piedi gesticolava animatamente. Si parlava del tempo, delle piogge continue  di quell’estate incredibile. L’uva schiava era attaccata dall’oidio quasi senza rimedio e si temeva per il raccolto ormai compromesso dalla piovosità persistente e improvvida.

Anche Tonòn e Pio** erano nella piazzetta davanti alla chiesa. Qualche anno era trascorso dalle picconate del Tonòn sul soffitto “giust sbianchegià” del Pio. Erano gli anni del boom economico e si cominciava ad andare in vacanze al mare.  Anche figli e nipoti del Pio in quei giorni piovosi d’agosto erano a Jesolo, a quei tempi il mare dei Trentini.
Pio, uomo flemmatico, aveva cercato più volte di intervenire nella discussione.  Anche lui sul tempo di quell’estate aveva da pronunciare una sentenza di condanna. Alzando le mani per attirare l’attenzione:  “za.. za.. zanta madona de dio…e qquei cche è al….”  Ma subito era soffocato dai sacranòni del Tonòn che guardava il cielo sempre più nero. Tonòn preoccupato, pensava alle sue viti sotto attacco del centesimo temporale di stagione.
Globi di lampi a nord ovest, un fitto tamburellare di tuoni preceduti da un vento teso che traeva un sibilo inquietante dalla campanella di sant’Antonio. Il temporale era già sulle loro teste con i primi goccioloni grossi come ciliegie. Un lampo come una fiammata cui seguì il crepito immediato del tuono, improvviso come una cannonata.
Nel silenzio prima del fuggi fuggi generale, il Pio ancora gesticolando con braccia e mani finalmente riuscì a dire la sua: “za.. za.. zanta madona de dio! ...e qquei cche è al mare alora?

** leggi anche: http://andreabrugnara.blogspot.com/2015/08/giust-sbianchegia.html
"....Pio era un uomo flemmatico. Parlava lentamente, con una lieve balbuzie, intercalando spesso il discorso, non con dei sacranòni come Tonòn, ma con un flebile za…za zanta madòna de dio, giacche aveva la esse un po’ sibilante."





martedì 16 febbraio 2016

D'inverno, un funerale






Oggi la tramontana  si avventa sul cimitero, scompiglia i capelli, avvizzisce la pelle rossa per il freddo, arrossa il naso che spicca su facce stranite e livide di freddo.
         
Un funerale, a volte è una circostanza nella quale si  ritrovano  parenti e conoscenti, che non si incontravano da lungo tempo.

Durante la funzione, tra un rechiameterna e un paterave, ho spiato con malizia  disdicevole le facce  contrite che mi circondavano.

Una perfida occasione per constatare il lavorio incessante e demolitore del tempo. Ha scavato instancabile sui volti, riportando alla luce tratti inconfondibili del  patrimonio genetico di ognuno.

Come dal terreno dilavato dalle piogge emerge lo scheletro irregolare della roccia, le rughe si approfondiscono, si ramificano. Ho osservato affiorare posture e atteggiamenti che ricordavano padri, nonni, parenti  all’apparenza lontani. Tratti somatici inconfondibili, che riportavano  all’unica matrice di un clan familiare.

Alcuni già coi capelli grigi come le stoppie, quando il grigio non è mascherato da improbabili colori chimici. Altri una stempiatura irrimediabile, con dei riporti laboriosi. In alcuni il passo si mostra meno elastico, in altri è accentuata la curva della schiena,  l’affossamento del collo nelle spalle. Gli occhi hanno perduto l’acutezza e la vivacità, socchiusi per aiutare una messa a fuoco difettosa.

M’è bastato però incontrare gli occhi di un amico morto a vent’anni per provare un moto di vergogna. Mi guardava dalla pietra con sguardo intenso, mesto eppure sereno. Immobile nella sua eterna giovinezza.

Io, irriverente presuntuoso, da lungo in viaggio su un  diretto senza ritorno, con un’unica fermata a sorpresa.