lunedì 26 ottobre 2015

Il ragazzo tedesco - Sul Cammino Primitivo (14.10.2015)



               



           Il ragazzo tedesco era giunto a S. Romano de Retorta sul tardi, con altri giovani francesi. Ragazzi divertenti, gentili, con qualche stranezza dell’età. Lui non amava molto lavarsi o forse lavava poco gli indumenti. E si sentiva. Del resto veniva da molto lontano, da Irun o Bilbao. Camminava ormai da molto tempo, sempre da solo. Uno sguardo sfuggente, un sorriso un po’ triste. Gentile come può essere un ragazzo timido.

            Quei giovani, si cucinarono e condivisero qualche intruglio di patate e condimenti dubbi nella cucinetta dell’albergue (l’ostello dove si passa la notte lungo il Cammino). Uno di loro al mattino però fu costretto a fermarsi per un forte mal di pancia.

            Il ragazzo tedesco invece mi superò nel mattino nebbioso con un saluto e sparì.  Poi lo rividi ad Ai Seixas in un bar dove  Diego ed io stavamo riposando con un panino e una birra. Accettò di buon grado un pezzo del mio pane per me troppo grande, si bevve la sua buona birra "Estela de Galicia".

            Ora mi aspettava l’ultima salita alla sierra del Carreon, prima della lunga discesa su Melide. Stavo attraversando una dei territori più belli del Cammino. Il sentiero sfiorava un crinale con una curiosa formazione di rocce calcaree, allungandosi poi tra ginestre fiorite, erba verde, altri fiori che non sapevo chiamare per nome. Il sole caldo, il cielo azzurro, più che dell’autunno faceva sognare la primavera.

            In quel momento attraversando la sierra ero profondamente immerso nel paesaggio. Pensavo a casa, a Serena, a Maurizio, alle Dolomiti inondate di sole, al volo dei gracchi alpini  nel cielo del tramonto. Nemmeno le Pale Eoliche sul crinale stonavano in tanta bellezza. Il loro potente soffio di vento come un respiro di monti, mi faceva pensare a don Chisciotte, al quale mi paragonavo nell’inseguire i miei fantasmi.

            Il ragazzo tedesco mi superò di nuovo con un cenno della mano. Camminava col suo lungo bastone di legno davanti a me. Ad un certo punto lo vidi abbandonare all’improvviso la traccia e chinarsi tra le ginestre, in preda a forti conati di vomito. Vomitò anche l’anima restando a lungo chino sull’erba. Quando si rialzò, si abbandonò esausto sul sentiero, con gli occhi persi nel cielo lontano. Forse in quel momento di dolorosa spossatezza fisica pensava a sua madre lontana. Diego il buon samaritano di noi due, gli fece prendere una pastiglia per lo stomaco, lo confortò. Attendemmo poi che si riprendesse. Fece alfine un timido cenno con la mano a mo’ di saluto, come un gesto di rassicurazione. 
             Il "Cammino" non poteva attendere. Non bisogna fare attendere il Cammino. Volevo godere di quell’ultimo tratto solitario del Cammino Primitivo prima della discesa su Melide, dove saremo confluiti nel più affollato Cammino francese.

            Giunsi infine a Melide sotto il sole caldo dei lunghi pomeriggi galiziani. Lo vidi poi da lontano, il ragazzo tedesco e il suo bastone. Pensai alla sua fibra, alla volontà caparbia di superare da solo le difficoltà e ne rimasi ammirato.

            Due giorni dopo lo rividi anche sulla piazza dell’ Obradoiro davanti alla Cattedrale di Santiago. Non mi abbracciò come tutti gli altri compagni coi quali avevo condiviso a tratti quel viaggio. Mi fece un lieve cenno con la mano. Anche lui aveva concluso un lungo cammino. Un abbozzo di sorriso, gentile come può essere solo il sorriso di un ragazzo timido. (Melide 14.10.2105)













7 commenti: