La cosa irreale era il silenzio....
Dove la valle di Sàdole si addolcisce nelle prime radure di pascolo, appaiono improvvise le pareti rocciose della Busa Alta e del Cardenàl nel controluce dell’alba. Ogni volta la loro forza ferrigna mi cattura. La parete nord ovest del Cardenàl ripida e impervia appare impossibile. Ma conosco il sentiero di guerra che si fa strada tra le rocce a fianco di minuscoli orti fioriti sulle macerie dei miseri ricoveri dei soldati. Senza difficoltà giunge fin sulla cresta dove una postazione di arroccamento militare vigila sulla contrapposta piramide del monte Cauriòl. (1)
Dove la valle di Sàdole si addolcisce nelle prime radure di pascolo, appaiono improvvise le pareti rocciose della Busa Alta e del Cardenàl nel controluce dell’alba. Ogni volta la loro forza ferrigna mi cattura. La parete nord ovest del Cardenàl ripida e impervia appare impossibile. Ma conosco il sentiero di guerra che si fa strada tra le rocce a fianco di minuscoli orti fioriti sulle macerie dei miseri ricoveri dei soldati. Senza difficoltà giunge fin sulla cresta dove una postazione di arroccamento militare vigila sulla contrapposta piramide del monte Cauriòl. (1)
E’ questo il momento
in cui un silenzio misterioso precede l’erompere della luce dalle creste
frastagliate. Tutto tace nell’attesa del
miracolo.
Nell’ampia
radura sopra la malga i cavalli immobili come statue bramano il primo calore
del sole, con la criniera abbandonata sul prato fradicio di rugiada. Spesso i
cavalli liberi al pascolo hanno comportamenti imprevedibili. Li osservo da lontano
e mi avvio sulla vecchia strada militare di sassi regolari, costruita con
maestria dagli austriaci negli anni che precedettero lo scoppio della grande
guerra. Si aggira tra grandi massi erratici a fianco del rio che canta. Il
tempo l’ha rivestita d’ un soffice tappeto
d’erba e fiori. Lo scroscio armonico
del rio di Sàdole, i brevi richiami del fringuello alpino, il soffio
della vipera vicino alla pozza dove si
aggrumano i girini sono parte del silenzio vivo della montagna che si risveglia.
Ai piedi di un’antica frana erompono le sorgenti del rio
di Sàdole. Una pozza di sassi ricoperti di verdi muschio dove l’acqua gorgoglia
come da un miracolo sotterraneo.(2) Da
qui la piramide del monte Cauriòl appare più incombente, massiccia, frastagliata
di porfidi rossi. Su quella linea accidentata passava il fronte della grande
guerra. Di là l’Italia, di qua l’Austria.
Ripenso a quell’estate
del 1916, quando gli alpini presidiavano la cima del Cauriòl da poco conquistata
a prezzo di centinaia di morti. L’assurda guerra di trincea, fatta di attacchi
e contrattacchi dove vennero macellati migliaia di uomini. Era però nell’aria
un’offensiva austriaca dalla val di Sàdole
per riconquistare quella posizione strategica che i generali di entrambi gli
schieramenti si contendevano in un gioco sprezzante al massacro.
L’assalto alla
cima fu preceduto da due giorni di martellamento implacabile dell’artiglieria
pesante. Un violenza inaudita di bocche da fuoco da due giorni stava
frantumando le rocce Cauriòl dalla sella Carteri fin sulla cima. I circa quattrocento alpini si erano riparati di
la della cresta negli anfratti e nei canaloni della montagna, senza poter
mangiare o riposare. Si può solo
immaginare il vacillare della mente di quegli uomini acquattati tra i massi
con a fianco il respiro della morte. Dopo il violento cannoneggiamento ritornò sulla
montagna un silenzio irreale, denso di fumo. Sul Cauriòl sembrava scomparso
ogni segno di vita.
Gli austriaci allora,
dalle trincee si affacciarono cautamente alla val di Sàdole in vista delle
rocce impervie del Cauriòl. Nella convinzione di aver debellato ogni resistenza,
presero ad avanzare sempre più sicuri nella grande pietraia dove incombono le rocce
della cima. Si inerpicarono poi con fatica sul ripido pendio verso la sella
Carteri, passaggio obbligato per la cima. Quella che ancor oggi è detta la via
austriaca al Cauriòl. (3) Nessun rumore dalla cima, nessun colpo dalle
rocce frantumate, nessun segno di vita. Quando giunsero a pochi metri dalle
trincee dove credevano di trovare solo cadaveri e distruzione, gli alpini
sopravvissuti a tanta violenza, dando sfogo alla rabbia di due giorni di angoscia, fecero piovere valanghe di macigni e balzarono al contrattacco in un corpo a corpo
alla baionetta. Degli ottocento attaccanti austriaci trecento rimasero sulla pietraia. Quarantatre
gli alpini morti e duecento i feriti. Era il tre settembre del 1916.
Quando però venne la
fine di novembre di quello stesso anno, sulla cima del monte Cauriòl erano già caduti
cinque metri di neve. Un inverno d’altri tempi, di gelo e copiose nevicate. I
morti di valanga e di freddo in quell’inverno furono ben più numerosi di quelli degli
scontri armati.
Oggi la via
austriaca al Cauriòl attraversa ancora la pietraia, massicciata come fosse
appena stata costruita. Incombono ancora rosse le rocce del piccolo
Cauriòl. Dal pozzo scavato tra i sassi
dagli austriaci per rifornirsi d’acqua giunge ancora il misterioso gorgogliare dell’acqua,
interrotto da folate di vento. Si percepisce solo un silenzio di quiete assoluta
e di riposo. Forse le voci delle migliaia di soldati morti mormorano nella brezza.
La strada si
affaccia poi al vasto cono di pietre
franate che sale come un ripido imbuto alla sella Carteri. Un luogo di morte. Nella parte alta è stata devastata dalle cannonate
e dalle frane. Si restringe a sentiero ripido
tra rocce incombenti prima di sbucare sulla sella Carteri. Penso ai soldati che
salivano all’attacco carichi di fucile e munizioni su questo scoscesa strettoia
di passaggio obbligato. Impossibile uscirne vivi.
Un soldato italiano
(4) che era sulla cima del monte Cauriòl in quei giorni, non ricorda gli scoppi nè
le rovine, o il martellamento implacabile dell’artiglieria. Forse la sua mente ha
rimosso quei momenti di terrore con la presenza costante della morte. Ricorda
solo, nel silenzio innaturale della montagna, l’ansimare dei soldati austriaci quando salivano all’attacco sulla
ripida pietraia.
La cosa irreale era il silenzio. Quel silenzio
carico di attesa che precede una tragedia
imminente e inevitabile. Quando nell’aria immobile non v’è frullo
d’ali e tutti gli animali tacciono
sbigottiti. Il respiro, l’ansito della
morte che avanza.
IL Cardenal e a dx sporge il Cauriòl illuminato dal sole |
Ricoveri dei soldati |
Caverna di guerra a filo della parete |
Carmen sul sentiero di guerra ormai sotto la cima del Cardenal |
Dalla cima del Cardenàl verso il Cauriòl |
*****
(1) La Valle di Sàdole è una valle alpina laterale della val di Fiemme, proprietà del Comune di Ziano per i diritti del pascolo. Stranamente ad differenza delle altre valli del Lagorai ricche di laghi il rio di Sàdole non forma un lago nel piano glaciale
(2) Ora le sorgenti sono state distrutte e intubate.
Una brutta costruzione di cemento in luogo della pozza muschiosa dove nasceva
il rio di Sadole. Per intubare le acque sono stati utilizzati buldozzer e
camion. La vecchia mulattiera in partedistrutta è stata rifatta ma ha perso la
sua storia. Tutto questo per qualche doccia in più nella stagione turistica.
(3) Ai tempi del
primo conflitto la val di Fiemme era dominazione austriaca. La via
Austriaca al Cauriol sale lungo la val
di Sàdole, attraversa il versante nord del Cauriol e si inerpica fino alla
sella Carteri. Da sud, da Cauria, sale invece la via italiana. Le due vie si
incontrano alla sella Carteri (Carteri era un ufficiale italiano). Dalla sella
Carteri si giunge in breve alla cima del Cauriòl.
L’irredentista
volontario Fabio Mosna del quale riporto la testimonianza