Dopo l’ultimo gradino di bosco
già rado la sorpresa del Campo Flavona: le ultime schiarite di larici e una vasta
prateria sale ondulata verso l’orizzonte. Di lato la possente catena della
Campa, di fronte la strana e attraente formazione del Turrion. Simile a tozzo
torrione sbrecciato o ad ara sacrificale
quando imperversano i temporali.
Dalla
piattaforma di questa cima si osserva la Catena del Brenta correre a settentrione con due
contrafforti impervi dall’aspetto selvaggio. Lunghe ombre e luce abbagliante ne
disegnano i contorni, avanguardie di alberi si spingono fino al chiarore delle
rocce. Guardo con nostalgia le creste
altissime ancora verdi di Cima Rocca e Cima Paradiso, le gemelle Cime del Vento
e delle Livezze che ho percorso qualche anno fa. Sull’opposto lato quasi un
controcanto tenebroso la Cima degli Inferni
e la Cima di Valscura. Ma poi la cima di
santa Maria è invocata a protezione di questa valle di pascoli e boschi di dura
sopravvivenza alpina. L’ara pagana del Turrion si trasfigura quasi in un sacro altare di riti
cristiani.
Al volgere della
sera seduto su di un ceppo di larice, l’Autunno
pare contemplare assorto la prateria che dal verde vira al giallo.
Buon cammino, ha sussurrato come un soffio di brezza. Poi ha posato ancora lo
sguardo sulla corona di monti imprendibili avvolti dal sole del meriggio. (26/09/2014
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Il Turrion |
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Campo Flavona |
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La piattaforma della cima del Turrion |
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La Campa con Cima S. Maria a dx. |
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La catena del Dasso Alto |
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Il Turrion |
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