Quando
si è giovani le estati sembrano eterne. E quell’estate dell’anno
millenovecentosettantuno appena iniziata prometteva una lunga eternità.
All’imbrunire di una giornata prossima
al solstizio, la luce del sole morente tingeva di rosso le alte
vetrate del palazzetto della mostra di Brescia. Migliaia di ragazzi assiepati,
gli occhi rivolti all’enorme palco in
attesa paziente. Su di esso un ronfare di grandi amplificatori con la spia
rossa accesa, come occhi di mostri incatenati. La Fender Stratocaster il basso
Fender nero appoggiati alle grandi casse, la batteria color argento. A destra di profilo l’organo Hammond
con una tastiera sovrapposta.
Un grande gong dorato in fondo al palco
come sull’entrata di un tempio orientale, misterioso strumento dei riti
esoterici della psichedelia. Ha brillato come di luce propria quando ha
catturato l’ultimo raggio del sole prima che le ombre rendessero la platea una
massa informe e pulsante.
Allora un suono si generò come dalla
terra, sempre più forte, avvolgente, la vibrazione profonda
di “mi” come di pedale d’organo che roteava e cresceva. Quando il suono
raggiunse l’apice fu sopraffatto da un
rombo di pale d’elicottero. Tutti
si volsero verso le vetrate con apprensione, ma fu in quel momento che un muro di suono si materializzò e tutti
furono immobili con gli occhi puntati sui musicisti sul palco. Figure ascetiche immobili al loro strumento, se non per i lunghi capelli agitati da chissà quale vento d'ispirazione
Intuivo le sonorità di quel brano che mi
pareva di conoscere, ma fu solo quando il suono dell’hammond di Richard Wright
emerse dall’ultimo accordo e iniziò l’arpeggio inconfondibile che lo riconobbi
con certezza. Poi Dave Gilmour appoggiò le limpide note della sua chitarra sul liquido tappeto dell'hammond. Il colpo di cassa di Mason, il basso profondo
di Waters come un cuore che pulsava regolare
sul mio diaframma ed io ero rapito in un viaggio attraversavo le distese di
Atom Hearth Mother.
Di ritorno verso casa nella
calda notte estiva le sponde del lago di Garda erano piene di vita. Ad un
chiosco ci siamo fermati per una fetta d’anguria e una bibita parlando di
musica, ancora scossi noi poveri musicanti di provincia. Incuranti della notte
che riluceva ancora di stelle ma camminava già verso un nuovo giorno. Il domani poteva
attendere. L’estate intorno pulsava densa di promesse ed era lontana ogni tristezza e preoccupazione del futuro. Del resto anch'io suonavo in un gruppo rock.
Note
1. Si
parla del concerto dei Pink Floyd a Brescia
il 19 giugno del 1971. Come è ovvio le sensazioni descritte sono esaltate dal quel
momento irripetibile.Era
il primo concerto di un grande Gruppo cui avevo presenziato. Avevo la
sensazione di camminare un palmo sopra la terra, convinto di aver assistito ad
un avvenimento che avrei ricordato tutta la vita.
2. Quale non è stata l’emozione nel ritrovare tra
le pagine di You tube la registrazione (anche se artigianale e imprecisa) di
quel concerto che avevo solo nella memoria. Mi ha riportato a quell’estate di
tanti anni fa.