Spesso
in montagna capitava di trovare riparo di fortuna in malghe o baite. Piccole
costruzioni rustiche ma accoglienti, al margine di una radura, al limitare del bosco, accostate a
grandi massi erratici o vecchie malghe
delle comunità alpine. Ripari sempre aperti al passante, perché
l’ospitalità della gente di montagna conservava intatta quella sacralità
tramandata dai greci e dai latini. In montagna la lontananza e l’isolamento
sono più acuti e può succedere l’imprevisto di un temporale, una bufera o la
necessità di un ricovero notturno.
Questa
usanza antica tra genti di montagna va scomparendo. Una ad una le baite sono
state ristrutturate, e chiuse gelosamente con chiavi e lucchetti. Anche le
malghe che appartengono alla comunità, restaurate con i soldi della comunità,
sono chiuse al passante.
Sono cambiati i tempi. La cattiva educazione,
la mancanza di rispetto, un tempo limitati a pochi episodi, si diffondono
sempre più anche in luoghi così appartati, alimentando quella diffidenza che
regola e incancrenisce i rapporti umani nelle città affollate.
Così
anche la malga del Mont Alt. Pur cadente, ridotta quasi a rudere era aperta a chiunque. E’
stata restaurata dai cacciatori di Giovo con il contributo del Comune. Non la
ricordo particolarmente accogliente, ma polverosa e ricolma di inutili
cianfrusaglie. Tuttavia appartiene alla comunità e dovrebbe essere aperta a
coloro che passano di là e cercano un
momentaneo riparo. O solo per guardare dalla finestra la splendida conca di
prati, i boschi che le fanno corona e la Catena del Brenta che chiude l’orizzonte.
La Malga del Mont Alt |
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